La storia del bradipo salvato dal Fondo Amici di Paco non è solo una vicenda di diritti degli animali, ma anche una storia piena di amore, rispetto e sentimenti. L’arrivo del bradipo è stato un momento di grande commozione, come ha raccontato Diana Lanciotti, la fondatrice dell’associazione, che si è adoperata in prima persona perché la storia si concludesse nel migliore dei modi. Ed ecco, nel racconto di Diana, la sua giornata di martedì 15 dicembre, quando insieme al marito Gianni si è recata al Parco Natura Viva per aspettare il bradipo che era in arrivo dalla Sicilia. Clicca su “altro” per leggere il seguito e sul sito di Striscia la notizia http://www.striscialanotizia.mediaset.it/news/2009/12/21/news_5322.shtml per vedere il servizio di Edoardo Stoppa
“Dopo tutto l’impegno profuso, le telefonate, le trattative, l’organizzazione che mi ha impegnata per due settimane, non mi sembrava vero che il sogno, nostro e dei nostri sostenitori, si stesse avverando. Ho avuto il batticuore per tutta la mattina, anche perché a causa della neve sugli Appennini il bradipino, che viaggiava con un mezzo specializzato nel trasporto di animali vivi e scortato da un veterinario, era in ritardo di molte ore. Quando l’ho visto, appeso (nella tipica posa dei bradipi) nel suo trasportone, mi si è sciolta tutta la tensione. Ho dovuto allontanarmi perché… c’erano troppe persone e ho preferito “godermi” la mia commozione per conto mio. Poi il bradipino è stato portato nell’ambulatorio veterinario. I dottori gli hanno auscultato il cuore, hanno effettuato alcuni controlli (anche se i certificati della ASL da cui proveniva ne attestavano già le condizioni di buona salute) e infine l’hanno microchippato. Lui è stato bravissimo e si è lasciato fare tutto. Solo un paio di volte ha… soffiato, proprio come fanno i gatti. Era un po’ arrabbiato perché per visitarlo non gli consentivano di aggrapparsi alle loro braccia, nella posizione che lui preferisce. Poi tutti insieme (io, mio marito, Edoardo Stoppa e il personale del Parco Natura Viva) l’abbiamo accompagnato nella sua nuova bellissima casa. Un’ampia serra tropicale che riproduce fedelmente il suo habitat naturale. Il tasso di umidità, là dentro, arriva all’85%! Fatto uscire dal trasportone, il bradipo ha immediatamente scelto un ramo a cui aggrapparsi e, molto meno lentamente di quanto mi sarei aspettata, si è diretto verso uno dei panieri appesi e riempiti di cibo per lui. Ha un olfatto molto sviluppato, ed è da quello che si è fatto guidare. Subito ha incominciato a sgranocchiare con grande soddisfazione (sua e nostra) un frutto. Era a suo agio, come se fosse stato lì da sempre. Si è mosso ancora, in esplorazione della sua nuova casa. Aveva dei movimenti lenti ma fluidi, di grande eleganza. Era sicuro di sé, con quella sua aria ascetica, distaccata, menefreghista, fuori dal tempo, che gli deriva da una saggezza millenaria, quella stessa saggezza che l’ha preservato, una specie così antica, attraverso i secoli, impedendogli di estinguersi. Quella stessa saggezza, quella stessa superiorità distaccata dalle cose terrene a cui ambiamo spesso noi umani, senza però riuscire a raggiungerla. Lui era lì, con noi, ma nello stesso tempo lontano da noi, con quell’attenzione per cose a noi invisibili che sembrava isolarlo da tutto, anche dalla piccola folla che si era riunita per festeggiarlo. E poi… poi è successa una cosa che non dimenticherò mai. Ho chiesto al veterinario il permesso di avvicinarmi. Mi sentivo attratta come da una calamita, ma non volevo che il piccolo si spaventasse. Mi sono fermata a qualche metro di distanza. Lui ha smesso di mangiare e… mi ha puntata. Stando appeso a pancia in su a un ramo, nella tipica posa bradipesca, l’ha percorso fino a me senza mai smettere di guardarmi. Mi sono ritrovata davanti un nasone umido con grosse narici frementi e due occhi rotondi e lucidi che mi fissavano con intensità… una sensazione indescrivibile. Non sono riuscita a trattenermi. Ho sollevato lentamente una mano, offrendogliela da annusare. Senza smettere di fissarmi, lui ha allungato il muso e mi ha annusato la mano, poi il polso, con delicatezza. E’ stato un attimo di intimità assoluta, l’incontro magico con un altro mondo. In quel momento non c’era nessun altro. C’eravamo solo io e lui. E, direte che sono una sognatrice, in quel momento ho avuto l’impressione che lui mi abbia “riconosciuta”. Che abbia capito che ero io quella che l’aveva voluto lì, via da quella gabbia, nella sua nuova casa. E’ stata una sensazione stupenda, che mi ha ricordato tutti i primi incontri con gli animali della mia vita. Il mio micione Patrik, che mi fissava durante una mostra felina come se volesse ipnotizzarmi e convincermi a portarlo via con me. Paco, in quella gabbia del canile, che mi fissava con aria di sfida, senza muovere un pelo. Boris, cucciolino di un mese che mi mordeva le dita per convincermi che era lui, e non un altro, che dovevo scegliere. Joy, cucciolotto con gli occhi ancora velati, che alza la testa e appena mi vede mi fissa con stupore come se mi stesse aspettando da sempre. Tommi, che si sporge dalle sbarre della gabbietta dell’infermeria del canile e trema e si agita tutto quando gli dico “Ti voglio già bene”. Oreste, il piccolo storno caduto dal tetto, che mi afferra col becco la punta del dito per farmi capire che ha voglia di vivere, e che devo aiutarlo. E così via. Con ogni animale della mia vita, al momento del primo incontro, è scattato qualcosa, qualcosa di magico e irripetibile. Si è creata una corrente invisibile, che ci ha uniti per sempre. Non dimenticherò mai il momento in cui il “mio” bradipo mi ha guardata e mi ha annusato la mano permettendomi, almeno per un attimo, di entrare in contatto con un mondo lontano e misterioso. Un mondo di cui noi dobbiamo aver cura, che noi dobbiamo amare e rispettare.” Diana Lanciotti